L'Alfa Romeo 33 è un'autovettura del tipo berlina prodotta dalla casa automobilistica italiana Alfa Romeo fra il 1983 e il 1995 nello Stabilimento Alfa Romeo di Pomigliano d'Arco.
Alfa Romeo 33 | |
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Descrizione generale | |
Costruttore | ![]() |
Tipo principale | Berlina |
Altre versioni | Sport wagon |
Produzione | dal 1983 al 1995 |
Sostituisce la | Alfa Romeo Alfasud |
Sostituita da | Alfa Romeo 146 |
Esemplari prodotti | 866.958 Berlina 122.366 Giardinetta 989.324 Esemplari complessivi (berlina e giardinetta)[1] |
Altre caratteristiche | |
Dimensioni e massa | |
Lunghezza | 4075 mm |
Larghezza | 1614 mm |
Altezza | 1350 mm |
Massa | da 910 a 1040 kg |
Altro | |
Assemblaggio | Pomigliano d'Arco |
Stile | Ermanno Cressoni[2] |
Altre antenate | Alfa Romeo Arna |
Altre eredi | Alfa Romeo 145 |
Auto simili | Citroën ZX Ford Escort Opel Kadett e Astra Peugeot 309 e 306 Rover 200 prima e seconda serie Renault 9, 11 e 19 Volkswagen Golf Volvo 300 e Volvo 400 |
Note | Dati della versione berlina |
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L'Alfa 33 deve il suo nome alla 33 Stradale ed è la diretta discendente dell'Alfasud. Infatti, dalla sua progenitrice erediterà il pianale, il motore boxer e alcuni dettagli meccanici e logistici: ad esempio, la disposizione della pedaliera che sopravviverà a lungo nella casa di Arese, nonché la divisione della vasca servizi dal vano motore, che allo stesso tempo conferiva robustezza strutturale all'avantreno, mentre la stabilità del retrotreno della nuova 33 continua ad essere garantita dal parallelogramma di Watt, che equilibra l'ormai consueto assale rigido posteriore. Viene invece razionalizzato l'impianto frenante, all'epoca raffinato, ma troppo esoso e ricercato; se ne adotta uno più pratico e convenzionale: i dischi anteriori che al centro fiancheggiavano il cambio ora si trovano più comunemente alle ruote, ai dischi posteriori vengono sostituiti i più tradizionali tamburi mentre il freno a mano, che prima comandava le pinze anteriori, ora agisce sulle ganasce posteriori; una soluzione che inoltre rendeva le manutenzioni più semplici e quindi meno onerose per l'utente. Totalmente nuovo è invece il vestito che Ermanno Cressoni[2] confeziona per la nuova Alfa che adotta una carrozzeria più dinamica ed in linea con gli allora moderni stilemi fatti di spigoli e linee più decise e quadrate: viene mantenuta la soluzione a cuneo, ma la rivoluzionaria coda tronca e spiovente di Giugiaro ora sembra quasi il baule di una 3 volumi, nel quale però si mimetizza il moderno portellone che per tanta parte della carriera era stato invocato sull'Alfasud. Tuttavia rimane molto simile lo schema portante della carrozzeria: ad esempio il vano della ruota di scorta è identico, come altrettanto lo è il serbatoio e la sua ubicazione, uguale anche l'apertura del cofano motore ed il pianale nonché la dislocazione della presa di rifornimento.
Analogamente a quanto successo per l'Alfa 75, nonostante l'anzianità della base meccanica, la modernità del progetto originario permise alla neonata Alfa 33 di mantenere elevata l'immagine del marchio che la distingueva.
L'Alfa 33, disponibile solo in versione a 5 porte (berlina e wagon), veniva assemblata a Pomigliano d'Arco e fu un grande successo: tra il 1983 e il 1995 vennero prodotti quasi un milione di esemplari, il che ne fece la seconda vettura più venduta in assoluto nella storia dell'Alfa Romeo dopo l'Alfasud (la quale superò il milione di esemplari prodotti).
Nei 12 anni di produzione subì molte evoluzioni, sia tecniche che estetiche, tuttavia si può dividere la carriera del modello in 2 serie.
Al momento della presentazione (estate 1983) era disponibile in 2 versioni, la 1.3, spinta dal 4 cilindri di 1351 cm³ da 79 CV alimentato da un carburatore doppio corpo (lo stesso delle Alfasud 1.3 SC) e la 1.5 Quadrifoglio Oro che però, a differenza della poderosa Alfasud Quadrifoglio Oro da 95 CV grazie ai carburatori Weber bicorpo, aveva un propulsore più parsimonioso di 85 CV ma altrettanto allegro, in pratica quello che equipaggiava le vecchie (oggi molto rare) versioni a 4 porte dell'Alfasud Super 1.5, cioè la motorizzazione di punta della vecchia gamma Super. Le due varianti della 33 differivano anche per l'allestimento interno ed esterno. La più ricca Quadrifoglio Oro era riconoscibile per la mascherina color argento metallizzato, gli ampi fascioni neri laterali, i copricerchi integrali, i profili color oro nei paraurti, gli indicatori di direzione anteriori con trasparente bianco, i lavatergifari anteriori, i rivestimenti interni in tessuto pregiato, il volante in legno e la dotazione più completa. La 1.3, priva di fascioni laterali, aveva invece la mascherina nera, coprimozzi neri sui cerchioni, i trasparenti arancioni per le frecce anteriori, il volante in plastica, rivestimenti meno pregiati e una dotazione di accessori ridotta. Una delle particolarità della prima serie consisteva nel quadro strumenti solidale con il piantone del volante regolabile ispirato vagamente alla Lamborghini Miura.
Nel 1984, con la definitiva uscita di scena delle Alfasud, la gamma della 33 si arricchì delle versioni 1.3 S, 1.5 4x4, 1.5 Quadrifoglio Verde e Giardinetta.
L'Alfa 1.3 S era simile alla normale 1.3, ma equipaggiata col 1351 cc dotato di quattro carburatori accoppiati, capace di erogare 86 CV (ex Alfasud Ti 1.3). La 1.5 Quadrifoglio Verde (spinta dalla versione da 105 CV del boxer di 1490 cc, anch'esso proveniente dall'omonima versione dell'Alfasud Ti) aveva una connotazione sportiva: paraurti e fascioni verniciati, mascherina specifica, cerchi in lega, bandelle sottoporta, sedili anteriori sportivi con poggiatesta traforati. La versione 1.5 4x4 berlina derivava dalla Quadrifoglio oro ma era dotata di trazione integrale inseribile manualmente e di motore dotato, nella versione iniziale, di un solo carburatore doppio corpo con potenza di 84 CV. Importante (e finalmente di successo) anche la riuscita versione station wagon a 5 porte, denominata Giardinetta. Disegnata da Pininfarina e dotata di un allestimento simile a quello della Quadrifoglio Oro, la Giardinetta era disponibile nelle versioni a trazione anteriore o 4x4, entrambe dotate di motore da 1490 cm³ e 95 CV nella versione con due carburatori doppio corpo. Le versioni a doppia trazione della prima serie venivano carrozzate dalla Pininfarina di Torino.
I consumi di carburante della 33 prima serie, legati al profilo abbastanza corsaiolo degli alberi a camme ed al sistema di alimentazione a carburatori, erano elevati nella guida veloce. Anche il livello di finitura (non esaltante), l'impianto di ventilazione (poco efficiente) ed i freni (sottodimensionati su alcune versioni) non soddisfacevano.
La Gamma '83 comprendeva:
La Gamma '85 Comprendeva:
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Il 1986 fu l'anno della maturità per la piccola Alfa 33. Nell'autunno di quell'anno un intervento di natura commerciale ne cambiò la denominazione da “Alfa 33” in “33”, che si distinguevano per pochi particolari estetici: le nuove targhette di identificazione cromate, gli indicatori di direzione anteriori (bianchi) e posteriori (con trasparente bianco e rosso anziché arancio/bianco e rosso), la nuova calandra a maglie orizzontali più larghe e con il nuovo scudetto, i paraurti ritoccati e le sottili minigonne estese a tutta la gamma. Ma le vere novità erano all'interno, che era stato completamente ridisegnato: la tormentata plancia cedette il posto ad una più convenzionale, dal design lineare interrotto solo dal compatto cupolino fisso (nella prima versione era mobile con il volante) della strumentazione, identica a quella delle serie precedenti, ma meglio leggibile. Cambiava anche il volante, che perdeva il curioso “cuscino” centrale, mentre i rivestimenti e i pannelli porta si facevano più “importanti”. La gamma '88, razionalizzata negli allestimenti, ma non in alcuni difetti congeniti (non era più disponibile il computer di bordo e l'Alfa Romeo Control era a richiesta, mentre il climatizzatore rimase inefficace), era composta dalle 1.3 e 1.3 S, dalla 1.5 TI da 105 CV che sostituiva le precedenti Quadrifoglio Verde e Quadrifoglio Oro, dalla 1.5 4x4 da 105 CV e dalle nuove 1.7 Quadrifoglio Verde e 1.8 Turbodiesel, dotata non di un 4 cilindri boxer ma di un 3 cilindri in linea, prodotto dalla VM Motori, derivato dal 4 in linea dell'Alfa 90.
Nell'estate del 1986 viene prodotta un'edizione speciale, basata sulla "1.3" denominata "33 1.3 Silver"[3] caratterizzata dal colore "bianco metallizzato", speciale targhetta identificativa rossa, interni specifici color crema con cuciture fantasia centrali nei sedili, tettuccio apribile in cristallo brunito e sottile striscia in due tonalità di rosso lungo tutta la carrozzeria. La Silver monta il motore boxer da 1351 cm³ e un carburatore doppio corpo per una potenza di 79 CV. L'estate successiva la Silver, alla cui dotazione vengono aggiunti solo gli alzacristalli elettrici anteriori di serie, beneficia di un'evoluzione passando al propulsore della "1.3 S" ovvero dal mono ai due carburatori doppiocorpo per una potenza di 86 CV. Venne prodotta in 1700 esemplari.
La versione del 1988 rispetto a quello del 1986 era riconoscibile per il diverso logo posteriore, dove la scritta 33 perdeva la lingua blu in cui c'era scritta la motorizzazione e per la prima lamella della calandra che diventava in tinta con la vettura. La versione Giardinetta era denominata, con una nuova targhetta cromata applicata sul posteriore, Sport Wagon.
La nuova gamma comprendeva:
All'inizio del 1988 venne introdotta l'iniezione sul motore 1.7 e la potenza scese a 107 CV dai 114 della Quadrifoglio Verde a carburatori.
Nel 1988, fu anche realizzata una versione ibrida[4], Utilizzava un motore elettrico asincrono trifase abbinato al boxer dell'Alfasud. La vettura poteva avanzare spinta dal solo motore elettrico, dal termico oppure da entrambi. Rimase allo stato di prototipo.
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Ma nel panorama automobilistico di fine anni ottanta la concorrenza sfornava modelli sempre più evoluti stilisticamente, specie nel segmento C, quello cioè delle vetture dette medio-inferiori o compatte: nel 1988 fecero la loro comparsa la Fiat Tipo e la Renault 19, e l'anno seguente furono rinnovate anche la Peugeot 309, la Volkswagen Golf e la Rover serie 200, che assunsero tutte un tocco più "anni novanta". Pertanto, nell'autunno del 1989, anche l'Alfa 33 venne sottoposta a un sostanzioso restyling, che la omologò al nuovo family feeling introdotto dalla 164. Nella seconda serie, le cui vendite iniziarono nel gennaio 1990, vennero modificati: lo sterzo ora dotato di servo comando ad eccezione della versione 1.3V, il frontale (completamente nuovo, spiovente e con paracolpi più avvolgenti), la coda allungata, alta e tronca e dotata di nuovi gruppi ottici simili a quelli della 164 che la attraversano trasversalmente, le maniglie delle porte, gli specchietti retrovisori ed i gocciolatoi.[5]
Gli interni, già completamente ridisegnati in concomitanza col face lifting del 1988, non vennero modificati se non in pochi particolari e nell'impiego di nuovi materiali e rivestimenti. Il lavoro di restyling riguardò qualche tempo dopo anche la versione Giardinetta, adesso denominata Sportwagon, intervenendo nella parte anteriore, ed in alcuni particolari del posteriore (gruppi ottici con freccia oscurata, paraurti più avvolgente). Anche la gamma dei motori venne rivista. Alla base si collocavano le 1.3 (1351 cm³, 2 carburatori e 86 CV), le 1.5 (1490 cc, 2 carburatori, 105 CV) e le 1.5 i.e (1490 cc, dotato di iniezione elettronica, 98 CV). Il top della gamma era rappresentato dal 1700 a iniezione, con testata a 8 (107 CV) o 16 valvole (132 CV). Per la 1.3-1.7 8V e "16V" SW era disponibile sia la trazione anteriore, sia quella integrale. Per la versione 1.3/1.7 8V la trazione alle ruote posteriori era a inserimento elettronico comandato da interruttore posto in plancia e controllata da apposita centralina elettronica, sistemata nel bagagliaio. La centralina era sensibile a decelerazioni improvvise e superiori a 1G e alla frenata; in questi casi provvedeva a disinserire il retrotreno, consentendo il corretto funzionamento dell'ABS ove presente e un miglior controllo del veicolo durante la frenata/decelerazione.
Per la versione 16V denominata Permanent 4 (fino al 1993) oppure Q4 (dal 1994) e Q4 SportWagon con ABS e 4 dischi freni di serie, la motricità era costantemente attiva sulle 4 ruote e trasferita all'occorrenza al ponte posteriore da giunto Ferguson (o giunto viscoso); anche in questo caso il tutto era controllato da apposita centralina elettronica collocata nel bagagliaio.
Anche il 3 cilindri turbodiesel, aggiornato con l'adozione dell'intercooler e l'aumento della pressione di sovralimentazione a 1,2 bar, vide crescere la potenza a 94 CV.
La meccanica e il telaio subirono adeguamenti solo marginali, per correggere quanto possibile le noie alle sospensioni e alla geometria dell'avantreno, mentre l'abitacolo fu ulteriormente affinato.
La nuova gamma comprendeva:
A tale lista andrebbe aggiunta una 4x4 con motorizzazione 1300, con trazione integrale inseribile derivata dalla 1.5, nella sola versione Sport Wagon prodotta in relativamente pochi esemplari (3129) dal '90 al '94 (dal '91 anche catalizzata), oggi una vera rarità.
Le versioni con motore di 1.5 e 1.7 litri 8v si distinguevano per i paraurti in tinta e l'allestimento più ricco, mentre Quadrifoglio Verde e Permanent/Q4 avevano una connotazione decisamente sportiva: mascherina anteriore con scudetto cromato bordato di rosso, spoiler anteriore e specchi retrovisori esterni in tinta, alettone posteriore in tinta, bandelle sottoporta in tinta, paraurti maggiorati in tinta, ruote in lega specifiche e sedili sportivi.
Nel 1992 venne tolta di listino la Turbodiesel, mentre all'inizio del 1993, con l'obbligo del catalizzatore, tutti i motori vennero dotati di impianto di iniezione multipoint e marmitta catalitica. Le potenze erano di 90 CV per le 1.3 i.e., di 97 CV per le 1.5 i.e., di 107 CV per le 1.7 i.e. e di 132 CV per le 1.7 i.e. 16v.
Tra le versioni speciali si può ricordare la 33 Imola, dapprima la versione Imola del 1992/93, poi Imola 3 del 93/94, con motore 1351 cm³ boxer iniezione elettronica - 90 CV Catalitica, avente particolari finiture sia estetiche che di interno, come minigonne aerodinamiche, alettone posteriore, indicatori di direzione bianchi, cerchi in lega diamantati, sedili sportivi pelle/alcantara (a differenza della Imola 1, che era allestita con sedili sportivi in tappezzeria scozzese e sky nero ai lati), poggia testa posteriori, pomello cambio e volante in pelle, autoradio, ed altri accessori di serie. Auto particolarmente aggressiva e sportiva nell'estetica, disponibile nei colori rosso, bianco e nero, nero met e grigio.
Così, dal 1993 al 1995, la 33 continuò ad essere presente sul mercato con le sole versioni catalizzate, giungendo alla soglia del milione di esemplari. Nell'autunno del 1994 la 33, che ormai sentiva veramente il peso di ben undici anni di carriera, prima di uscire definitivamente di scena affiancò la neonata 145, sua erede, fino all'esordio della 146 nel 1995, anch'essa destinata a rimpiazzarla.
Nel 1984 la Zagato presentò, al Salone di Ginevra, una sorta di monovolume compatto di 4,0 m di lunghezza, 1,72 m di larghezza e 1,60 m di altezza basato sull'Alfa Romeo 33.[6] Il veicolo, che presentava forme innovative per gli anni ottanta e non in linea con le altre vetture del marchio, non raggiunge mai la produzione in serie nonostante le linee di assemblaggio della Zagato erano già pronte, a causa della crisi economica e situazione finanziaria in cui versa l'Alfa in quegli anni, rimanendo perciò solamente allo stato di prototipo.[7]
Nel 1994, la carrozzeria milanese Engalcar, collaborando con la Fiat e la rivista AutoOggi, realizzò in soli due mesi la Cabrio 33S (rimasto prototipo), basata sulla Alfa 33 MY1989 Permanent 4 Quadrifoglio Verde S. La particolare vernice verde di questa vettura, realizzata dalla Ppg Ivi, è capace di variare la propria tonalità del colore a seconda dell'intensità di luce solare che colpisce l'auto[8].
Come negli anni settanta accadde per l'Alfasud, a partire dal 1984 anche l'Alfa 33 fu adottata dalle forze di Polizia per la squadra volante, dai vigili del fuoco come auto di servizio e nei grandi centri urbani, sia come vettura con le insegne ufficiali che come auto civetta.
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