L'Alfa Romeo 33 Stradale è una fuoriserie prodotta dall'Alfa Romeo in 18 esemplari tra il 1967 e il 1969.
Alfa Romeo 33 Stradale | |
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![]() L'Alfa Romeo 33 Stradale Prototipo | |
Descrizione generale | |
Costruttore | ![]() |
Tipo principale | Coupé |
Produzione | dal 1967 al 1969 |
Sostituisce la | Alfa Romeo Giulia TZ |
Sostituita da | Alfa Romeo Montreal |
Esemplari prodotti | 18[1] |
Altre caratteristiche | |
Dimensioni e massa | |
Lunghezza | 3970 mm |
Larghezza | 1710 mm |
Altezza | 990 mm |
Passo | 2350 mm |
Massa | 690[2] kg |
Altro | |
Stile | Franco Scaglione |
Altre eredi | Alfa Romeo 4C |
Stessa famiglia | Alfa Romeo Tipo 33 Alfa Romeo Carabo Alfa Romeo Iguana Alfa Romeo 33 Pininfarina Coupé Prototipo Speciale Alfa Romeo 33 Bertone Navajo Alfa Romeo 33 Pininfarina Cuneo |
Auto simili | Ford GT40 Lamborghini Miura Ferrari 275 GTB |
![]() Vista posteriore della stessa auto |
La 33 Stradale, basata sull'omonima vettura da competizione, è la versione omologata per la circolazione su strada della Tipo 33 ed è considerata da molti una delle più belle auto di tutti i tempi[3] perché l'estetica non risente assolutamente dei 50 anni trascorsi (festeggiati al Museo Storico Alfa Romeo di Arese[4]), al punto che la linea delle moderne 8C Competizione e 4C[5] si ispira, e ricorda moltissimo, quella di questa vettura.[3]
Un modello, quello della 33 Stradale, ancora oggi portato ad esempio per descrivere il perfetto bilanciamento tra la meccanica raffinata e lo stile che la riveste, in un equilibrio che si può sintetizzare in una frase cara al marchio: “La bellezza necessaria”.[6]
La carrozzeria di questa autovettura venne disegnata da Franco Scaglione e costruita dalla Carrozzeria Marazzi e fu la prima vettura da strada ad avere le portiere ad apertura "a farfalla" incernierate anche sul tetto.[3] L'autotelaio completo di motore e cambio veniva realizzato invece direttamente dall'Autodelta, il reparto corse dell'Alfa Romeo, a fianco delle Tipo 33 da competizione.
Il motore, lo stesso della Tipo 33 da competizione posto in posizione centrale, è un 8 cilindri a V di 90° da 1995 cm³ con alesaggio di 78 mm e corsa di 52,2 mm, progettato dal Direttore della Progettazione Meccanica Alfa Romeo Giuseppe Busso e poi sviluppato dall'Autodelta di Carlo Chiti, cofondatore e responsabile.
Autentico gioiello tecnologico, costruito interamente in alluminio e magnesio, dispone di distribuzione a doppio albero a camme in testa per bancata, 2 valvole per cilindro al sodio inclinate di 48° (33 mm di diametro quella di aspirazione e 28 mm di diametro quella di scarico), sedici candele (2 per cilindro), impianto di iniezione meccanica indiretta Spica con doppia pompa della benzina elettrica e lubrificazione a carter secco. Nella versione da competizione il propulsore erogava 270 CV di potenza a 9600 giri/min con un rapporto di compressione 11:1 mentre nella versione stradale la potenza veniva limitata a 230 CV erogati ad un regime di 8800 giri/min grazie al rapporto di compressione abbassato a 10:1 per rendere più adatto il motore all'uso stradale; tuttavia questo rimane uno dei 2.000 cm³ aspirati più potenti mai realizzati e con un regime di rotazione record per l'epoca, che anche oggi rimane elevatissimo per un'auto da strada. I suoi 230 CV sono una potenza elevata per un'autovettura stradale se ottenuta con la sola tecnologia meccanica e senza l'ausilio della gestione elettronica adottata dalle automobili moderne.
Questo propulsore è abbinato ad una trasmissione manuale a 6 rapporti abbinata ad un differenziale autobloccante montata a sbalzo oltre l'assale posteriore. Il rapporto al ponte è di 9/41 mentre i rapporti del cambio a sei marce sono i seguenti: I 3,25:1; II 2,18:1; III 1,60:1; IV 1,30:1; V 1,20:1; VI 0,96:1; Rm 3,273:1.
Il telaio, grazie all'impiego di tecnologie aeronautiche, è realizzato in lega leggera ed è derivato da quello della Sport Tipo 33 con forma "ad H" asimmetrica che incorpora i serbatoi del carburante ma qui è allungato al centro di 100 mm per favorire l'abitabilità e chiuso con elementi tubolari in acciaio.[7] Su questo telaio Franco Scaglione disegna una carrozzeria, poi realizzata in Peraluman H35 spesso 1 mm dalla Carrozzeria Marazzi, dalle curve slanciate e sinuose estremamente bella e punto di riferimento per il design negli anni a venire.[3] Due elementi distintivi del design sono le porte "a farfalla" con i cristalli che avvolgono il padiglione, progettate per stupire ma anche pratiche perché migliorano l'accessibilità ad un abitacolo molto basso e relativamente stretto, e le griglie sui passaruota anteriori e posteriori, aperte per evitare dannose sovrapressioni causate dal movimento delle ruote.
La 33 Stradale è molto leggera (690 kg) e compatta ed era capace di prestazioni molto elevate per l'epoca, come per oggi, con un 2 litri aspirato, infatti la velocità massima dichiarata era di 260 km/h e l'accelerazione da 0 a 100 km/h in 5,6 secondi. La rivista Auto Italiana, che provò la vettura nel febbraio 1969, registrò 4,9 secondi da 0 a 100 Km/h e 245 Km/h di velocità massima.[8]
La "33 Stradale" fu presentata in anteprima sul Circuito di Monza, nell'ambito delle manifestazioni motoristiche organizzate in occasione del Gran Premio d'Italia[9] e, poche settimane dopo, venne esposta al salone dell'automobile di Torino del 1967.
Vennero prodotti solo 18 telai tra il novembre 1967 e il marzo 1969 dall'Autodelta e dalla Carrozzeria Marazzi. Tra ognuno di questi esemplari vi sono lievi differenze estetiche, le più evidenti delle quali sono rappresentate dalla presenza di due soli fari anteriori in luogo dei quattro del prototipo e del tergicristallo incernierato in alto o in basso. Inoltre alcune hanno un interno meglio rifinito di altre perché in origine erano previsti 50 esemplari (poi non realizzati) da dividere tra la più confortevole versione A o Lusso, con finestrini discendenti, sedili comodi e impianto di riscaldamento, e la più sportiva versione B o Competizione Gr. 4, con prestazioni simili a quelle delle Tipo 33 da corsa, finestrini fissi e sedili da corsa e senza riscaldamento.[10]
La 33 Stradale figurava regolarmente a listino presso i concessionari a ben 9.750.000 lire, il che la rese una delle auto più costose sul mercato quando fu messa in vendita; per fare degli esempi nel 1968 una Fiat 500 F costava 475.000 lire, un'Alfa Romeo Giulia Super 1.665.000 lire, una Jaguar E-Type 5.030.000 lire, per una Ferrari 275 GTB occorrevano 6.500.000 lire e per una Lamborghini P400 Miura si richiedevano 7.700.000 lire.[11]
Dei 18 telai pare che soltanto 12 furono effettivamente finiti e solo 11 venduti ai clienti mentre sulla base degli ultimi 6 i migliori carrozzieri italiani realizzarono una serie di concept car straordinarie.[7] In particolare la Pininfarina realizzò nel 1968 la Roadster, di Paolo Martin, nel 1969 la Coupé Prototipo Speciale, su disegno di Leonardo Fioravanti, e nel 1971 la Cuneo; la Bertone realizzò nel 1968 Carabo e nel 1976 la Navajo, entrambe di Marcello Gandini, mentre la Italdesign di Giorgetto Giugiaro creò l'Iguana nel 1969. Tutte le concept car portano il marchio e nome Alfa Romeo e sono ora esposte al Museo Storico Alfa Romeo di Arese insieme al prototipo della 33 Stradale (versione con quattro fari) disegnato da Franco Scaglione.
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